Studio OMD

Il numero delle lesioni metastatiche influenza la scelta terapeutica?
La sopravvivenza dei pazienti con carcinoma colorettale metastatico è migliorata negli ultimi anni grazie all’integrazione della chemioterapia con altre opzioni di cura (dette terapie locoregionali), come la chirurgia, la radioterapia e la radiofrequenza.

Nel complesso, una valutazione multidisciplinare, che coinvolga diversi specialisti, è fondamentale per individuare la strategia terapeutica in base alle caratteristiche del singolo paziente e della neoplasia.

Nel tentativo di personalizzare il trattamento dei pazienti con tumore del colonretto metastatico, abbiamo condotto un’analisi che coinvolge più di 1000 pazienti, dividendo la popolazione in due gruppi sulla base del volume di malattia metastatica, distinguendo pazienti con poche e piccole lesioni (definiti oligometastatici) da quelli con un carico di malattia maggiore, caratterizzati da malattia con molteplici lesioni metastatiche o distribuite su più organi (detti plurimetastatici).

Lo scopo del nostro lavoro era indagare se la distribuzione ed il numero delle lesioni metastatiche potessero influenzare l’efficacia del trattamento chemioterapico intensivo con FOLFOXIRI, rispetto alla chemioterapia a base di doppiette, in associazione al bevacizumab.

I risultati di quest’analisi dimostrano che i pazienti oligometastatici hanno una sopravvivenza globale più lunga se confrontati con il gruppo con maggiore carico di malattia metastatica, indipendentemente dai trattamenti ricevuti.

Tenendo conto dei trattamenti chemioterapici, i nostri dati mostrano che la terapia con FOLFOXIRI/bevacizumab migliora la sopravvivenza in entrambi i gruppi di pazienti (oligometastatici e non) rispetto al trattamento chemioterapico a base di doppiette chemioterapiche.

Alla luce di questo, possiamo affermare che FOLFOXIRI/bevacizumab è un’opzione migliore rispetto al trattamento doppiette/bevacizumab sia nei pazienti con poche e piccole metastasi, sia nel gruppo con volume di malattia maggiore, suggerendo quindi che il volume di malattia non dovrebbe essere incluso tra i fattori che influenzano la scelta dell’intensità della chemioterapia iniziale.